Teoria e storia della storiografia by Benedetto Croce

Teoria e storia della storiografia by Benedetto Croce

autore:Benedetto Croce [Croce, Benedetto]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Sinapsi Editore
pubblicato: 2024-02-05T00:00:00+00:00


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1. Si vedano, sopra, pp. 123-127.

III - LA STORIOGRAFIA MEDIOEVALE

Per la medesima ragione onde non si deve considerare l’inizio di qualsiasi racconto storico come inizio assoluto, né concepire le epoche in modo semplicistico, quasi si attengano strettamente alle determinazioni segnate nella loro caratteristica generale, bisogna stare guardinghi a non identificare il concetto umanistico della storia con l’epoca antica della storiografia, che esso caratterizza o simboleggia, e, insomma, a non rendere storiche le categorie ideali, che sono eterne. La storiografia greco-romana fu, senza dubbio, umanistica, ma di umanismo greco-romano, cioè non solo con tutte le determinazioni che siamo venuti accennando, ma anche con la speciale fisionomia che quell’umanismo prende negli storici e pensatori antichi, più o meno varia in ciascuno; né poi essa sola fu umanistica, ma altre formazioni, che meritano lo stesso nome, probabilmente la precessero, come certamente la seguirono nei secoli. È attraente forse, ma altresì artificioso (e contrario al concetto vero del progresso) configurare la storia della filosofia e della storiografia come una serie di fasi ideali che si percorrano ciascuna una volta sola, e trasformare gli uomini filosofi in categorie e le categorie in uomini filosofi, e rendere sinonimi Democrito e l’atomo, Platone e l’idea trascendente, Cartesio e il dualismo, Spinoza e il panteismo, Leibniz e il monadismo, assottigliando la storia a una «Dynastengeschichte», come ha detto satiricamente un critico tedesco, o trattandola con una sorta di «line of buckets theory» (la teoria dei secchielli da pompieri, che si passano di mano in mano), come ha detto umoristicamente un inglese. Donde anche la parvenza che la storia vera non sia ancora apparsa al mondo, o che appaia per la prima volta, e a lampi, nell’invocazione che se ne fa adesso dallo storico e dal critico. Ma ogni pensamento storico, come sappiamo, è sempre adeguato al momento in cui sorge e sempre inadeguato al momento successivo.

L’opportunità di tale avvertenza è comprovata dallo smarrimento in cui per solito si cade quando si prende a considerare il trapasso dall’antica storiografia alla cristiana e medioevale; perché quale trapasso sarebbe mai codesto in cui ci si ritrova innanzi di bel nuovo un mondo mitologico e miracoloso, identico, a quanto sembra, nella sua caratteristica generale, a quello già dagli storici antichi dissipato? Non certo un procedere progressivo, ma piuttosto la caduta in un fosso, nel quale precipitano insieme tutte le più care illusioni intorno al perpetuo avanzamento dell’umanità. E un fosso o una bassura parve, in effetto, il medioevo, talvolta durante quell’età medesima, e chiaramente nella Rinascenza; e ancora con quell’immagine è figurato nell’opinione comune. E per attenerci alla sola storiografia, seguendo l’impressione di smarrimento che dapprima s’ingenera, si finisce col rappresentarne le sorti all’inizio del medioevo nel modo che tenne, per esempio, il nostro Adolfo Bartoli, nel volume introduttivo alla sua Storia della letteratura italiana, tutto rotto da gridi di orrore e dal gesto di coprirsi il volto per non vedere tanta bruttura. «Siamo (scrive il Bartoli nel parlare di Gregorio turonense), in un mondo dove il pensiero è disceso



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